Era necessario muoversi, e a questa uscita
il mendicante, a gambe incrociate sul bivio del tunnel,
grida Amore! Un benvenuto, di sorta.
La luce notturna copula com il sobborgo
nella familiarità da incubo –
non come un nerd accartocciato che recita
passeggiate guidate e storie che si appaltano
immaginazione per lavori di demolizione,
livellamento degli alloggi di oggi,
ripristino di verde comune,
indugiando in siti orfani dei loro già pochi
ospedali – non è affatto iper-letterato,
povero imprenditore –
È la vista, il filo spinato ruggisce alla vista
intorno e intorno al muro del parco giochi.
È il magazzino, le finestre del magazzino vuote di vita.
Sono vite, vite fornite in gran numero,
compimento dei numeri.
È il senso di qualcosa di condiviso –
le forbici del sarto che tagliano
punti a lisca di pesce, la tasca cucita
del nuovo vestito,
e trovare qualcosa –
Ma è nuovo, tutto nuovo,
persino le gang che fanno graffiti sui camini
stinti e adorabili, cancellati
come cancellano le ferrovie
ripetutamente
la testa, la testa di tanto in tanto pagata,
i piedi
dei pendolari trimestrali, della settimana vertebrale.
Vahni Capildeo (Scozia, 1973 -), traduzione a cura di Slow Words
Fonte (inglese): Measures of Expatriation (Carcanet Press, Ltd., 2016) da Poetry Foundation