Mi sono sempre sentita in gabbia.
Se caccio un braccio, dicono che sia una che vuole
e prende. Una gamba? la mia violenza è rinomata.
Quando ho citato il soffocamento da parte di mio
padre, l’hanno reso autobiografico.
Il significato sottinteso della mia opera in acciaio è stato
ignorato, smarrito in discussioni sul tempo, non sullo spazio.
Quello che non capirete mai delle
installazioni è che tutti sono sempre al di fuori di
esse. Io sono incastrata al loro interno. La mossa
verso una deliberata transitorietà è il gesto di uno scemo.
Se sparire è inevitabile, occorre combatterlo.
Nessuno perde il prigioniero.
Le sbarre sono come una cornice: voi volete stare dentro
tanto quanto io abbia sempre volute uscirne.
Rebecca Morgan Frank (USA), da The spokes of Venus, Canergie Mellon University Press, 2016 (fonte: Poetry Foundation), traduzione a cura di Slow Words
Per leggere e scoprire di più sulla poetessa (in lingua inglese): https://rebeccamorganfrank.com/
L’immagine di copertina è un’opera di Michal Rovner (Anubis, Video/Film), esposta ad Art Basel Unlimited 2017