Ebbro di trementina e di lunghi baci,
guido il veliero delle rose, estivo,
che volge verso la morte del giorno esile,
posato sulla solida frenesia marina.
Pallido e ormeggiato alla mia acqua famelica
incrocio nell’acre odore del clima aperto,
ancora vestito di grigio e di suoni amari,
e di un cimiero triste di schiuma abbandonata.
Vado, duro di passioni, a cavallo dell’unica mia onda,
lunare, solare, ardente e freddo, repentino,
addormentato nella gola di felici
isole bianche e dolci come fianchi freschi.
Trema nella notte umida il mio abito di baci
follemente carico di impulsi elettrici,
diviso in modo eroico tra i sogni
e le rose inebrianti che con me si cimentano.
Conntrocorrente, in mezzo a onde esterne,
il tuo corpo parallelo si ferma tra le mie braccia
come un pesce per sempre incollato alla mia anima,
rapido e lento nell’energia subceleste.
Pablo Neruda (Ricardo Eliécer Neftalí Reyes Basoalt, Cile 1904-1973),
20 poesie e una canzone disperata (1924), Guanda ISBN 88-7746-960-9, 1997