La tua storia in 10 righe
Mi chiamo Renata Moura, e sono nata nel 1990 nella città di Salvador, nello Stato di Bahia, in Brasile – Salvador è una delle più belle e culturalmente peculiari città del Brasile. Nel 2006 ho fatto parte di un programma di scambio culturale e sono stata nella Central Coast, una regione australiana vicina a Sidney. Nel 2009, stanca di vivere nella splendida ma provinciale Salvador, mi sono trasferita a San Paolo dove nel 2012 mi sono laureata in giornalismo presso l’università Cásper Líbero. Sebbene il corso mi sia piaciuto molto, fin dal primo anno di università mi sono occupata di produzione di eventi culturali. Inizialmente, ho lavorato su progetti che combinavano arte ed educazione, poi al Museo di Arte Moderna di San Paolo dove ho lavorato per la ricerca di sponsor; poi, stanca di quell’ambiente affaristico, nel 2011 sono ritornata alla produzione e ho iniziato a lavorare nell’organizzazione di mostre. A partire dal 2013 sono libera professionista e lavoro con musei, istituzioni culturali e artisti dentro e fuori dal Brasile.
Recentemente, hai intrapreso un lungo viaggio in Europa – e forse ti sarebbe piaciuto anche andare altrove e viaggiare ancora più lungo – per capire quale sia il tuo posto in questo mondo. Cosa sei riuscita a concludere e quali sono le tue sensazioni una volta tornata a casa?
Sin da molto piccolo sono sempre stata affascinata dall’idea di viaggiare nel mondo e vivere in posti diversi. Ho quest’idea che ad un certo punto della mia vita mi trasferirò nuovamente da qualche parte, fuori dal Brasile. Il motivo per cui sono tornata è che non sono mai riuscita a sentire il momento ‘giusto’ per andare via e cosa avrei fatto – continuare col lavoro che sto attualmente facendo, fare qualcosa di completamente diverso oppure fare un master (e in questo cosa, quale?).
Sono appena tornata da questo viaggio in Europa e ora che sono di nuovo a San Paolo mi rendo conto di quanto io ami questa città, le persone e tutto ciò che ho costruito qui. Nel corso del mio viaggio mi sono resa conto che amo il mio lavoro e ho deciso di continuare a lavorare nel settore della produzione artistica, per lo meno per questo periodo (o fino alla fine di questa prossima mostra su cui sto attualmente lavorando!). In effetti, credo che questo sia uno dei più importanti insegnamenti che ho tratto da questo viaggio: avere pazienza e credere nel corso degli eventi della vita. Prima di partire per l’Europa ero molto in ansia per ciò che stavo facendo della mia vita, sia sotto il profilo professionale, sia sotto il profilo personale. Ma viaggiare per tre mesi senza programmare nulla, sapendo solo di andare solo verso la mia prossima destinazione mi ha fatto davvero molto bene. Vivere ogni città, ogni paese, ogni villaggio, conoscere persone di tutti i tipi che vivono in modo diverso la vita senza pensare al ‘futuro’ o pensare a cosa avrei fatto di me. Mi trovavo nella famosa situazione del ‘qui e ora’. Tutto ciò mi ha riempito l’anima e mi ha aperto gli occhi sull’importanza di godere del presente.
Che tipi di persone incontri nella tua routine lavorativa?
Non posso lamentarmi della mia routine quotidiana. L’ufficio dove lavoro si trova in una splendida parte di San Paolo che si chiama Villa Maddalena (Villaggio Maddalena) dove si trovano molte gallerie d’arte, negozi di moda indipendente, piccoli ristoranti, studi di registrazione musicale; è piacevole girare e incontrare continuamente persone conosciute. Mi trovo poi molto bene anche con le ragazze con cui lavoro e in quanto libera professionista, se faccio attenzione alle mie responsabilità, posso lavorare da ovunque desideri.
Quanto è difficile cominciare – nel caso in cui ti interessasse farlo nel tuo paese – un’attività imprenditoriale come produttrice culturale?
Non so se lo faro per il resto della mia vita. Inoltre, le grandi case di produzione che ci sono a San Paolo, nel complesso meno di otto, di solito reclutano liberi professionisti ‘a progetto’ perché tutte le mostre sono temporanee (alcune durano più a lungo di altre), così per loro è più semplice coinvolgere lavoratori o lavoratrici in funzione della domanda.
Cosa ti dona la tua città, e cosa doni tu a lei?
Mi sono innamorata di San Paolo fin da quando mi sono trasferita qui, sei anni fa. Fatte le debite differenziazioni, San Paolo potrebbe essere considerata la versione sudamericana di New York. C’è una grande diversità di persone che vengono, vanno, si fermano. San Paolo ospita le più grandi comunità giapponesi e italiane al di fuori del loro paese d’origine e una delle tre più grandi comunità al mondo di siriani-libanesi. Oltre a ciò, ci sono ebrei, coreani, cinesi, haitiani, nigeriani, peruviani, boliviani, persone da altre parti del Brasile – prevalentemente provenienti dal Nord-Est, come me. Questo significa che la circolazione e lo scambio di idee sono davvero intensi e ciò rende la città più pluralistica, meno provinciale, con più opportunità e culturalmente più ricca.
Da due anni, una buona parte della popolazione di San Paolo fa parte di un movimento avente l’obiettivo di ‘diffondere amore’ per la città, rendendola più attraente per i suoi abitanti. Anche il consiglio comunale e il nuovo sindaco fanno parte di questo movimento. Occupando spazi della città anche solo provvisoriamente, creando nuove piazze e nuovi parchi, promuovendo un numero maggiore di eventi culturali a entrata libera, realizzando forme di parternariato con artisti al fine di proporre interventi urbanistici, spingendo le persone a camminare di più, usare di più bicicletta e trasposto pubblico invece dell’auto, etc. Fare parte di questo movimento in questo momento di cambiamento è davvero esaltante.
Descrivi uno splendido incontro avuto di recente.
All’inizio del mio viaggio in Europa, ho passato tre settimane in Danimarca nell’ambito di un programma chiamato WWOOF (Word Wide Opportunities on Organic Farms – see www.wwoof.net). Sono stata in una fattoria vicino a Ribe (antica capitale danese), lavorando al giardino, innaffiando i fiori, cucinando e pitturando ciò che serviva in cambio di vitto e alloggio. In quel posto c’era un signore gentile e sorridente che non parlava molto che vedevo saltuariamente mentre tagliava l’erba su una di quelle piccole auto. Tagliava l’erba cantando un mantra come fosse un monaco tibetano. Un giorno mi decisi a parlargli e ho scoperto che era un’autorità in un famoso centro buddista danese e che però aveva deciso di rinunciare al suo lavoro perché si era stancato molto di viaggiare per le sue conferenze. Scoprì anche che apparteneva alla stessa scuola buddista di Milarepa, un antico insegnante buddista tibetano dell’XII secolo, di cui da lungo tempo avevo seguito gli insegnamenti. Quando il signore scoprì che ero una seguace di Milarepa, fu molto contento e mi invitò per un tè a casa sua, dopo pranzo. Mi insegnò molte cose che non sapevo ancora di Milarepa, mi prestò alcune sacre scritture perché io potessi studiarle mentre ero lì. Erano così belle. Sono davvero grata a tutte le persone incredibili che ho conosciuto nel corso di questo viaggio.
Puoi condividere con noi la tua passione culinaria preferita?
Adoro fare cose che richiedono tanto tempo per la cottura, ricette antiche e tradizionali molto speziate. Sono appassionata di tutto il rito della cottura, specialmente quando con me ci sono altre donne in cucina che parlano dei segreti delle spezie. Questi elementi portano anima al cibo.
Il mio cibo preferito è il cibo di Bahia (la mia regione brasiliana). Per me, l’olio dendê – uno dei nostri ingredienti principali, che poi altro non è che un tipo di olio di palma – è prodotto dal Signore onnipotente in persona da una goccia di paradiso! Dendê è la migliore cosa che ti possa capitare nella vita e se ne rimango senza per un po’ mi ammalo. Cucinarlo per me è come fare una pozione col sole. Beh, dopo aver dichiarato tutto il mio amore per il dendê, posso anche dire che mi piace molto cucinare il cibo mediterraneo (italiano, libanese, greco, marocchino, spagnolo, portoghese, etc.), il cibo indiano e thailandese. Tutti questi cibi possiedono un elemento di ritualità, che si ritrova nel tentativo di condire in modo perfetto e di cucinare in modo lento, molto lento.
Qual è la tua bevanda preferita?
Vino, sempre vino. Qualsiasi tipo di vino, vino rosso, vino bianco, vino da dessert…Sono una devota di Dioniso.
Quale musica stai ascoltando in questo periodo? E cosa stai leggendo?
Ascolto molta musica brasiliana, specialmente quella del movimento ‘tropicalia’, un movimento culturale che si sviluppò durante la nostra dittatura negli anni ’60 e ’70: Caetano Veloso, Gilberto Gil, Tom Zé, Gal Costa, Maria Bethânia…e la musica tradizionale del Nord-Est del Brasile.
Per quanto riguarda i libri, è un periodo in cui leggo autori di paesi africani che hanno conosciuto l’uso della lingua portoghese, specialmente autori di Angola e Mozambico. I miei preferiti sono: José Eduardo Agualusa, Mya Couto, Ondjaki and Valter Hugo Mãe.
In che modo cerchi di vivere lentamente, se così ti piace vivere, in una città come la tua?
Dico a tutti che ho trovato Gesù nello yoga J. Sembra strano, ma lo yoga ha curato la mia insonnia e le crisi di ansia che ero solita avere. Sì, yoga, meditazione e pratiche spirituali provenienti da alcune religioni brasiliane.
Un talento che hai e uno che ti manca.
Credo di essere brava a parlare, aiutare e prendermi cura di altre persone e sono rapida nel risolvere problemi ma devo ammettere che mi manca un po’ di disciplina e sono piuttosto disorganizzata. Oh, però sorprendentemente sono piuttosto ben organizzata quando cucino.
Cosa hai imparato dalla vita?
Così tanto! Una delle cose più importanti che ho imparato quest’anno riguarda i riflessi: tutto è lo stesso, dentro e fuori, e il modo in cui vedo il mondo e le altre persone è un riflesso di come vedo me stessa. E’ davvero così, ed è impressionante.