Lili&Jesko, Amburgo

 

Le vostre storie in dieci o più righe (ciascuno), con qualche dettagli sulla vostra infanzia e formazione. E, per favore, non dimenticate di donarci anche il momento del vostro incontro

 

Siamo entrambi nati, e cresciuti nella Amburgo degli anni 60.

Lili Nalŏvi:

Sono cresciuta con due fratelli in una vecchia, grande casa in un quartiere pieno di verde ad Amburgo. Mia madre era un social worker mentre mio padre un avvocato: lasciò la famiglia quando avevo dieci anni.
Sin da piccola ho sempre avuto una grande passione per la creazioni di spazi e di piccole bambole e figure: in pratica dal nulla, usavo scatole di cartone, piccoli rami e fiocchi di cotone. E mi ricordo anche che disegnavo tanto con colori ad acqua. Mia madre mi diceva che già da ragazzina desideravo diventare un’artista. Ho iniziato, infatti, a mettere in piedi piccole mostre sin da piccola, mi piaceva recitare e andavo pazza a creare costumi. A sette anni ho iniziato a disegnare i miei vestiti, prima a maglia poi a uncinetto poi ricamando. A 15 usavo la macchina da cucire di mia nonna utilizzandone di vecchi o di usati del mercato delle pulci. Ero totalmente rapita da qualsiasi tecnica artigianale, come la ceramica, la filatura, la tessitura e, successivamente, mi sono dedicata a lavorare con la malta, il bronzo, la doratura. Ero sempre e comunque on the go; mai stanca, mai annoiata, sempre con qualcosa che mi frullava nella testa da creare. Ho iniziato i miei studi nel nord della Francia presso uno scultore francese e subito dopo ho fatto un apprendistato come carpentiere nel nord della Germania, prima di iniziare la scuola d’arte all’HFBK di Amburgo (Germania)

 

Jesko Willert:

Sono cresciuto con una sorella più giovane in una vecchia casa di un quartiere operaio di Amburgo. Mia madre era un’insegnante e mio padre un consulente fiscale.

I miei genitori amavano viaggiare e quindi, già da bambino, visitai la Scandinavia, l’Italia, la Francia, l’Inghilterra e molti altri posti: ci spostavamo in macchina.

 

Avevamo un appartamento di vacanza nel mar Baltico quindi la mia infanzia e la mia adolescenza sono state arricchite anche dalla natura selvaggia. Ho iniziato ad andare a vela a cinque anni e ho sempre amato contemplare l’acqua, gli uccelli; ricordo estati infinite sul Mar Baltico, all’aperto, giocando con il legno che andava alla deriva sull’acqua e con le pietre. Certo, oltre a questo amavo disegnare e dipingere con colori ad acqua.

Ho iniziato i miei studi d’arte alla scuola di Arti grafiche e ad una scuola privata di arte ad Amburgo, prima di iscrivermi anche io all’HFBK.

 

Ed entrambi siamo superstiti di esperienze traumatiche nelle nostre infanzie ed adolescenze (Lili è stata abusata da bambina e in seguito, quando era una giovane donna, violentata. Jesko a 18 anni ha perso la sorella di 15 e suo padre, di 41, in un incendio. E quasi perse la sua di vita, fu suo padre che appiccò il fuoco alla casa di famiglia).

 

Per questo, entrambi abbiamo impiegato molto tempo per superare il trauma e trasformare la negatività in positività. Sebbene nessuno le superi mai completamente, si può imparare a vivere la propria vita più in pace e più liberi di come si era. E l’amore, di certo, è un dono molto prezioso e anche il supporto più potente lungo tutto il percorso delle nostre vite.

 

Ci siamo innamorati subito dopo che ci incontrammo, mentre ballavamo, in un club di Amburgo, famoso negli anni 90 (il Soul Kitchen). All’epoca entrambi studiavamo arte. Da allora abbiamo sempre vissuto e lavorato insieme. E negli anni, la nostra ambizione si è fortificata nel costruire e non nel distruggere. Il nostro simbolo è una rosa con un piccolo bocciolo, perché vedere qualcosa sbocciare è il nostro desiderio più profondo.

 

Dal 1991 al 1998 le campagne contro la violenza sessuale e l’abuso sessuale dei bambini ha costituito il centro della produzione artistica di Lili. Per questo io ho lavorato quasi esclusivamente nella produzione di oggetti d’arte – da quelli di piccole dimensioni a quelli giganti. Nel 1996 sono stato premiato per „Silent Night, Holy Night“ and „Circumstantial Case 1 – 45“ alla European Competition for Contemporary Art, Salon de Printemps, Letzeburger Artisten Centers (Lussemburgo).

 

Dal 1990 al 1998 Jesko ha lavorato molto di più nell’informale (disegno, pittura, installazioni, scultura). Io ho incorporato sogni, storie, cose di tutti i giorni, emozioni (e i miei pensieri) su carta in „Masks, mythical creatures e secondo i temi della ‚casa’ e della ‚barca’ mentre gli schermi dipinti sono soprattutto un insieme di tela, pelle, metalli battuti, disegni, acquaforte e linoleum.

 

Dal 1998 al 2000 siamo stati a Firenze per imparare le antiche tecniche di pittura locali con Stefano Ficalbi, pittore ed anche magnifico insegnante. Ancora ci lega una profonda amicizia. Abbiamo vissuto due fantastici anni (e mezzo) vicino a piazza Santo Spirito, dove ancora oggi si trovano tanti studi di artisti.

Da allora, fittiamo regolarmente case in varie parti d’Italia per lunghi soggiorni, e li convertiamo in studi come è accaduto recentemente a Salina (isola delle Eolie, Sicilia)

 

 

I bambini, i cittadini di domani, sono un focus costante nel vostro lavoro. Molti artisti si fregiano di ‚aiutare’ ma invece sono protagonisti in lavori in questo campo mentre voi avete un incredibile, ed insuperato approccio: scomparite come personaggi e diventate dei medium. Verso l’autocoscienza dei piccoli?

 

Nel 2011 abbiamo trasformato una parte di un vecchio ospedale in uno spazio espositivo. Si trattava di un edificio centenario, abbandonato da oltre sei anni, senza elettricità e senza acqua corrente. Con un’area di 800 metri quadrati abbiamo creato un’installazione con i nostri lavori (da dipinti, a sculture, video ed oggetti mobili).

Questa mostra ci ha permesso di essere invitati, come artisti in residenza, in un’isola del Kenia, Lamu, grazie ad una coppia molto generosa (Lena Bardenhewer ed Herbert Menzer). Jesko ha avuto l’idea di organizzare una serie di attività di pittura collettiva a Lamu, molto prima di andare lì. Dopo essere arrivati ed aver parlato con la gente del luogo, nacque il progetto Shela Schoolyard Canvases: in pratica sessioni di pittura freestyle con i piccoli iscritti alla Islamic Primary School di Shela, ogni giovedì dalle 16, tutto il tempo che siamo rimasti lì. Senza alcuna linea guida o temi, giusto lasciando libera la fantasia dei bambini, abbiamo atteso, curiosi, cosa sarebbe accaduto. Di proposito abbiamo lasciato loro usare solo materiali locali, che trovavano attorno a loro stessi in abbondanza perché non crescesse in loro la cattiva abitudine di dipendere dall’uomo bianco. Abbiamo cucito insieme pezzature di vecchie vele per farle diventare immense tele di 10×1.6m provviste di cornice di legno di mangrovia. La carbonella usata per cucinare, è stata utile per disegnare. E come pittura, abbiamo usato semplicemente tempera d’uovo con pigmenti locali.

 

Quel che abbiamo fatto con questo progetto di pittura outdoor non ha tardato a diffondersi per tutta l’isola, quindi ci hanno chiesto di fare due sessioni con i bambini dell’orfanatrofio Anidan di Lamu, dove ne curano ed educano circa 200. Molti di essi sono stati psicologicamente e fisicamente abusati prima di arrivare lì.

Gli orfani di Anidan hanno immediatamente iniziato a dipingere e anche a dipingersi la fronte e le guance, inconsciamente ripetevano i cerimoniali dei loro antenati tribali.

La pittura è un ponte per ognuno: il bambino, l’insegnante, noi – talvolta è oltre tutto questo.

Chiunque può incrociare e incontrare, qui e lì, questo processo. Noi pensiamo che per i bambini è importante realizzare che l’apprendimento è anche questo e che soprattutto è libero e felice! Non si parla solo di tecnica, non si parla solo di linguaggio. Dare ai bambini una sorta di prospettiva è un dono prezioso. E’ solo un momento, ma è di quelli che cambia la vita.

E alla fine del workshop, un gruppo di bambini ha preso il largo e ha veleggiato con una delle vele prese dalle loro enormi tele. Sono riusciti a navigare sul canale di Lamu con i loro disegni fluttuanti sulla testa: c’era di tutto, dalle immagini di macchine agli elicotteri ai cuori – come del resto i sogni che gettano al vento.

Nel 2013, ci siamo uniti ad un team di dottori senza frontiere con il professor Kreusch: ognuno di loro si dedicava ad un anno, senza stipendio, alla chirurgia per il labbro leporino e del palato, supportando un ospedale e tre scuole del villaggio.

Per noi in questo caso è stata una sfida: molti dei bambini alla Padhar Mission School sono muti, sordi, ciechi o disabili. Potete immaginare la nostra soddisfazione, oltre ogni parola, quando abbiamo visto come erano entusiasti (senza eccezione) di prendere parte al progetto di pittura. E’ stato fantastico vedere anche come ognuno aiutava l’altro: ad esempio bambini parzialmente vedenti aiutavano quelli ciechi e dipingevano insieme, a tre mani; bambini muti formavano piccoli gruppi e discutevano entusiasticamente con la lingua dei segni che soggetto volevano dipingere insieme.

 

Nasce un’incredibile interazione piena d’ispirazione quando 100 bambini dipingono insieme su queste tele giganti all’area aperta. Bambine e bambini sono equamente creativi ed attivi, sia con handicap che senza dipingono insieme. E questo serve a prevenire altra violenza, incoraggia lo spirito di gruppo, la fiducia in se’ stessi e sostiene, certo, la creatività. In questa scuola, in una sola settimana, abbiamo dipinto grandi tele (200×1.8m) con loro. Alla fine alcuni pezzi sono stati esposti nel locale ospedale per renderlo un luogo più gioioso e colorato.

 

 

Dipingere, ricordare, dare un nuovo scopo agli cose: in una parola sembrate creare mondi da oggetti in disuso, ma estendete questo tocco anche agli edifici e alle atmosfere dei luoghi. Siete anche custodi delle più antiche tecniche di arte applicata e le usate per creare spazi immersivi (e opere) dove ci si sente un essere umano migliore. Detto questo, qual è il vostro approccio al mercato dell’arte data la forte spiritualità e immaterialità che vi costituisce entrambi?

 

Nel 2003, decidendo di trasformare le nostre mostre in spazi o ambienti, abbiamo anche iniziato a concentrarci sull’atmosfera che una stanza o uno spazio poteva avere, la vibrazione dell’intero edificio che andava magari trasformata. Facendo questo, tutto quel che ci circonda è parte della produzione d’arte. La stanza diviene parte integrale dell’opera. Lavoriamo prevalentemente con edifici abbandonati – come nel 2005 con una villa di due secoli, che per 50 anni è stata luogo di burocrazia, essendo il municipio e come nel 2011 con il vecchio ospedale, che peraltro aveva parecchie tracce di vandalismo. Il nostro scopo è sempre trasformare le vibrazioni negative in positive od, anche, il buio in luce.

In ogni nostro lavoro creiamo una Gesamtkunstwerk molto forte, con essa trasformiamo gli spazi, ricicliamo alcuni bellissimi oggetti, scelti con cura, e lavoriamo i materiali in maniera intricata e immaginativa. Ogni installazione contiene sempre i nostri ritratti e paesaggi d’acqua contemplativi. Questo tipo di spazi incoraggia il visitatore ad indugiare e a contemplare; i nostri spazi devono assicurare una percezione esistenziale della vita ed un’intensa sensualità in modo che chi vi entra condivida il nostro viaggio (esteriore ed interiore) attraverso lo spazio, il tempo e l’esistenza.

Negli ultimi 26 anni lavoriamo, con successo, in maniera completamente indipendente dal mercato dell’arte, finanziamo ed organizziamo da soli tutti i nostri progetti dagli introiti delle vendite.

 

Per molti anni non abbiamo avuto alcuno studio d’artista, usavamo il nostro appartamento al piano terra come studio ed in questo modo abbiamo risparmiato tanti soldi che abbiamo potuto re-investire nei nostri progetti, nelle mostre e nei lunghi mesi di viaggio.

Non ti aspetteresti che un piano terra possa essere così magico: i vecchi divisori e le porte in vetro catturano il mood delle luci mistiche e delle grandi assi di legno del pavimento, così come dei rilievi in stucco che decorano il soffitto delle stanze. Di fronte a noi abbiamo un piccolo giardino di rose dove abbiamo piantato un albero di magnolia e sul retro abbiamo un piccolo cortile mediterraneo con piante, vasi di terracotta e mobili da giardino italiani. Ci dona la sensazione di vivere in campagna.

Abbiamo esteso il nostro spazio d’arte recentemente, nel 2008, prendendo metà dell’appartamento di sopra, lo chiamiamo il Bel Étage. L’inaugurazione è stata celebrata con un party in costume assai divertente. Dal 2015 abbiamo esteso ancora il nostro Bel Étage prendendo la restante metà dell’appartamento, quindi ora lavoriamo e facciamo le mostre in 230 metri quadri, evviva lo spazio!

Sia il piano terra che il Bel Étage sono stati pubblicati molte volte in diversi magazine internazionali.

Oltre alle mostre negli spazi abbandonati, invitiamo regolarmente ai nostri Tea Art Shop nel Bel Étage dove i visitatori gustano le nostre mostre con una tazza di tè Green Rosebud. Si possono tranquillamente immergere in una sintesi delle atmosfere artistiche che produciamo, che cambiano continuamente. Ispirati dai nostri viaggi in Birmania e dai negozi di tè dove il tè verde è sempre offerto gratis, abbiamo iniziato ad integrare il nostro primo Tea Art Shop nelle nostre mostre dal 2005.

La cosa più bella, parlando dei nostri visitatori e dei nostri collezionisti, è che non hanno un’età specifica. Neanche una classe sociale specifica e neanche una nazionalità specifica. Affasciniamo un gruppo assai largo di persone. E siccome vendiamo i nostri quadri direttamente ai nostri collezionisti, li conosciamo personalmente e molti di loro sono ora diventati amici. Ci sono intere famiglie in cui quasi tre generazioni collezionano la nostra arte.

Una storia ci ha veramente toccati, pensandoci ora ci viene ancora la pelle d’oca. La figlia, solo quattordicenne, di collezionisti – accompagnava i genitori alle nostre mostre sin da quando aveva 4 anni – ha espresso un desiderio per la sua cresima: un nostro dipinto. Quindi, un bel giorno venne da noi e comprò un ritratto di una giovane keniana. Qualche mese dopo sua nonna e sua zia l’accompagnarono ad una delle nostre mostre e anche loro hanno iniziato a collezionarci.

Un’altra storia bellissima: una giovane coppia venne a visitare il nostro studio dopo aver letto un articolo. Lui voleva affittare temporaneamente alcuni dipinti per il suo ufficio. Siccome lo divideva con la madre, 70 anni, ci ha chiesto qualche fotografia dei nostri quadri per chiederle cosa ne pensava. Lei fu preda dello shock perché alcuni di essi raffiguravano cubani dalla pelle scura e lui si accorse solo in quel momento, per la prima volta nella sua vita, della sua attitudine. Dopo un po’, fu in grado di convincerla a tentare l’affitto e quindi diversi quadri a dimensione intera di cubani dalla pelle scura stettero in un anno nel loro ufficio. Alla fine dell’affitto, quando tentammo di riprendere i dipinti, la madre ci disse che non potevamo, che lei ci parlava tutti i giorni! Quindi si risolse a comprarli tutti.

Questo per noi è il complimento più bello – quando i nostri quadri provocano una tale apertura nel cuore e nella mente di chi li guarda.

 

 

Siete consci, e quanto, di essere dei poeti dell’ignoto? Come ve la cavate?

Noi siamo artisti in viaggio. I nostri dipinti di viaggio raccontano quasi esclusivamente delle nostre impressioni d’ Africa, America Latina, Asia ed Europa. La nostra arte è il risultato di un viaggio pieno di piacere senza un goal specifico, senza una destinazione. Un viaggio attraverso momenti speciali e incontri casuali, sentimenti e stati d’animo. Il nostro viaggio è più mentale ed interno, una scoperta, che un viaggio esteriore. L’avventura, e l’esperienza del viaggio, vengono condensate in un dipinto.

 

Il nostro motto durante i lunghi viaggi è „consuma tempo, risparmia tempo“.

Siamo viaggiatori lenti, proprio per dare il benvenuto ad incontri sorprendenti e sconosciuti e momenti che semplicemente accadono, incoraggiamo la serendipity. Siamo senza destinazione, senza scopo, senza piani e a volte senza una rotta predeterminata. Senza una fine pianificata e senza fine. Noi prendiamo ogni volta parte a un viaggio di scoperta. Un tuffo nell’ignoto profondo, accogliamo l’impatto con esso per immergerci totalmente. Esploriamo un paese arrendendoci totalmente ad esso.

 

Quando nel 2004 siamo stati per la prima volta in Birmania/Myanmar, abbiamo trascorso una settimana a Bagan per il famoso festival Ananda Pagoda. Gli abitanti del villaggio si recavano al festival con i loro carri trainati da tori e si accampavano per l’intera durata. Noi abbiamo improvvisato piccoli empori accanto ai negozi di tè vendendo qualsiasi cosa, dal cibo ai prodotti agricoli. Molti gruppi teatrali locali offrivano spettacoli. Dopo un po’ che eravamo lì, abbiamo scoperto uno studio fotografico sotto una tenda, gestito da una locale famiglia allargata. Di solito, solo gli abitanti chiedevano loro foto. Esponevano ogni sorta di costume e diversi fondali colorati. Data la nostra passione per i costumi, ci siamo subito appassionati a farci fotografare con ogni sorta di travestimento. E ci siamo vestiti da ballerini birmani. La titolare dello studio – una donna energica e passionale – ci ha indirizzati, posizionando le nostre mani come si fa con i manichini. Ed era felice, perché ci lasciavamo guidare bene da lei. Eravamo felici anche noi, ogni giorno tornavamo per provare altre pose e altri costumi.

 

Nel 2001 abbiamo girato il Rajasthan (India) per oltre 3000 km, da un palazzo ad un altro dei Maharaja, usando una vecchia, romantica limousine Ambassador con tende viola. Il nostro autista, indiano, non parlava inglese e non leggeva Hindi e noi non avevamo mai fatto quel viaggio prima d’ora. Quindi per noi, è stato davvero incredibile perché ad ogni incrocio dovevamo cercare qualcuno che parlasse inglese per chiedere la direzione giusta e poi spiegarla, in Hindi, all’autista. Certo, abbiamo cambiato molti autisti, ma il rischio è che, parlando loro bene inglese, ci avrebbero condotti solo dove volevano, tipo in negozi, invece noi volevamo momenti sorprendenti.

 

Nel 2006 siamo stati per tre mesi tra Vietnam, Cambogia, Laos, Tailandia e Birmania. Quando siamo arrivati nel nord del Laos, a Luang Namtha, abbiamo deciso di andare in Tailandia del nord, non con un bus ma con un viaggio di due giorni sul fiume Nam Tha in una lunga barca scoperta, di legno. Se possiamo scegliere, di solito scegliamo le barche, per la passione di Jesko! Quella barca non aveva sedie, quindi ci siamo accomodati sul ponte, gustandoci la navigazione tra due sponde di intensissimo, mistico verde, e assaporando i suoni della foresta pluviale che cambiavano ad ogni giro d’ansa. La natura è straordinaria da quelle parti, dalle acque color terra ai piccoli villaggi appollaiati sulle coste del Mekong. Di notte dormivamo nei villaggi tradizionali dei barcaioli di Ban Khone Kham, le cui case sono palafitte. Una volta, dopo un pasto con loro, Jesko chiese se poteva ricaricare la telecamera, ovviamente scettico. Il barcaiolo gli indica due cavi pendenti dal soffitto: la corrente veniva generata da una dinamo ricavata da una bicicletta, installata sul fiume. Non è fantastico?

 

Anche tanto tempo dopo un viaggio, ancora ed ancora, siamo sempre così colpiti dai nostri viaggi e continuiamo ad ispirarci ad essi. Grazie ai tanti luoghi dove spesso le persone si improvvisano perché non puoi direttamente comprare quello che ti serve – nuovo o super high tech. Ecco perché spesso negli ambienti che creiamo trovi oggetti riciclati e rifunzionalizzati, sono il simbolo della nostra passione per l’improvvisazione.

 

 

Che incontri fate quando lavorate?

Anche se la nostra relazione è del tipo 24h/365 giorni, non abbiamo alcuna routine lavorativa dato che le nostre attività cambiano assai. Al di là del lavoro, condividiamo così tante passioni ed interessi che molte persone pensano che viviamo in simbiosi, ma non ci importa.

Può capitare che ci confrontiamo su un nuovo vestito che vogliamo creare a partire da pezzi vintage, ad esempio una giacca di pelle che Jesko sta tappezzando di foglie d’oro. Oppure, un attimo dopo, parliamo di un dipinto discutendo dei colori, di come continuare o di quando sarà il momento giusto per terminarlo dato che, spesso, quattro occhi sono meglio di due. Ci capita anche di finire anche qualche quadro o arazzo di grandi dimensioni insieme ma non accade di solito in simultanea. Uno dei due inizia e passa la mano all’altro ad un certo punto; è così che riusciamo ad avere uno scambio costante fino alla fine dell’opera. Molti si chiedono come facciamo a lavorare su uno stesso dipinto, dato che spesso gli altri si mettono a litigare quando lo fanno. A noi è capitato il contrario, abbiamo visto che il dipinto migliora in questo modo e anche il nostro insegnante italiano ci ha incoraggiati a lavorare insieme per unire le nostre abilità. Insieme, creiamo qualcosa che nessuno dei due potrebbe originare da solo ed è un’esperienza meravigliosa.

A fine giornata di lavoro, ma qualche volta anche nel bel mezzo, ci potresti vedere ballare un tango insieme oppure ancheggiare su un pezzo di James Brown.

 

 

E il traguardo più importante come duo artistico e come esseri umani, due tra miliardi di persone a questo mondo?

Come artisti, la partecipazione alla mostra Personal Structures – Crossing Borders all’European Cultural Centre, Palazzo Bembo alla 56ma Biennale di Venezia (2015). In quel contesto, abbiamo realizzato con successo molte cose.

Innanzitutto la ricreazione, 1:1, del nostro studio, poi la meraviglia logistica di trasportare l’intera installazione con il nostro furgoncino Volswagen che ormai ha 27 anni. Ricordo ancora che la compagnia di barche veneziana che ci ha aiutati, commentò „Se entra tutto nel furgone, allora siete dei re!“. Ed infine, il duro lavoro sul posto, fatto solo con le nostre mani.

Più in generale, come artisti ci rende felici il fatto che è da 26 anni che riusciamo a lavorare da indipendenti: significa che non abbiamo ne’ un agente ne’ una galleria e finanziamo tutti i nostri progetti e mostre dai ricavi generati dalle nostre vendite. Ecco perché abbiamo sempre l’opportunità di realizzare i nostri lavori in totale libertà e al ritmo, ed al passo, che più ci piace. Siamo consci che questa è una cosa rara e preziosa, soprattutto al giorno d’oggi.

Come esseri umani, il traguardo più importante è che, nonostante la violenza e l’agonia subite, crediamo nel potere dell’amore, della pace, della libertà e della bellezza. Come esseri umani è molto importante lavorare per un fiore, per un essere umano migliore, per ciò che è positivo, per ispirare gli altri, per ricaricare le loro batterie, per dare gioia…Nelle nostre mostre il visitatore ha qualsiasi età, qualsiasi colore della pelle, crede in ogni religione ed è di qualsiasi classe sociale. Ci sembra di rendere felici molti di essi, esattamente come con i bambini che prendono parte ai nostri action painting.

 

 

Una cosa bella capitata di recente?

Quando abbiamo ricevuto l’invito per Palazzo Bembo durante la Biennale, abbiamo deciso d’improvviso di stare cinque mesi a Venezia. Per noi stare in Italia è come tornare a casa e Venezia con tutta quell’acqua, i canali e le barche è LA città, specialmente per persone come noi, e come Jesko in particolare, che hanno la passione per le barche. Quando siamo arrivati a marzo con il nostro vecchio furgone turchese a San Giuliano (Mestre), e poi quando abbiamo navigato fino a Venezia con la barca di Stefano e Sergio, fino al Canal Grande, passando sotto il ponte di Rialto, con tutta la nostra installazione smontata: questo sì che è stato un momento unico. Indimenticabile.

 

Poi, in quei mesi, siamo stati in un bellissimo palazzo antico, vicino ai proprietari, una famiglia veneziana davvero molto ospitale. Il nostro appartamento era su un canale dove i gondolieri passavano, cantando serenate, tutti i giorni.

 

Le prime settimane eravamo assai impegnati con il set-up complicato del nostro lavoro, lavoravamo tutto il giorno al secondo piano del palazzo, ed avevamo la più incredibile vista sul Canal Grande. Che dono!

Solo pochi artisti di quella mostra erano venuti a montare di persona il lavoro, ma per noi è vitale farlo, dato che noi lavoriamo con lo spazio.

All’apertura, nei giorni di vernice della biennale, siamo arrivati alla mostra al Palazzo Bembo ‘alla veneziana’ cioè in gondola! E per tutti i cinque mesi in cui siamo stati lì, un sacco di amici e collezionisti sono passati nella stanza n. 5 a visitarci, siamo stati molto felici. Alcuni di essi avevano affittato enormi appartamenti in altrettanto storici palazzi, abbiamo trascorso incredibili serate a cena da loro, sotto i cieli stellati veneziani.

 

Per coronare l’anno di grazia 2015 – ed i nostri 25 anni di relazione – ci siamo sposati, l’8 giugno, a Palazzo Cavalli, sempre sul Canal Grande pochi passi dopo Palazzo Bembo. Era un lunedì quindi abbiamo avuto una cerimonia assai rilassata con i nostri testimoni e due signore – l’ufficiale comunale e il traduttore – con cui abbiamo avuto uno bello scambio e anche il tempo per una chiacchiera, oltre che condividere il grande dono della cerimonia!

 

Dopo il vaporetto ci ha portato, tutti e quattro, sulla verde isola di Torcello piena di cinguettii, dove abbiamo pranzato benissimo al famoso Locanda Cipriani.

 

 

Cosa vi da Amburgo, e cosa date alla vostra città?

Cosa ci dà? Fantastici amici, fan e collezionisti, libertà, pace, un sacco di acqua.

L’area dove viviamo è molto verde, ricca di vecchi e grandi alberi, parchi, vicoli, incredibili architetture con vecchie ville e romantici canali.

Non dimentichiamo che Amburgo ha 2472 ponti, quasi quanti quelli di Venezia sommati a quelli di Amsterdam.

Il nostro posto preferito fuori porta è Alster, il lago cittadino. In dieci minuti siamo in acqua con la nostra piccola barca a remi, piena di cuscini a decori floreali e di coperte-patchwork, molto romantica. Ci sdraiamo nel nostro piccolo guscio orientale, dondolando uno a fianco all’altro – non mancano mai due bicchieri di cristallo, una bottiglia di Crémant Rosé e gustosi antipasti. Ci piace andare a fare la spesa tutti i giorni, guidando la nostra bici e ogni volta andiamo per il lungo-lago.

 

Non abbiamo mai ricevuto nessun supporto dalla città fino ad ora, sebbene i nostri progetti si indirizzino ad essa, tuttavia non abbiamo mai pensato per questo di smettere. Al contrario, abbiamo sempre rischiato di più e investito al massimo, con il lavoro e con i soldi, per seguire la nostra regola numero uno: continuare. Quindi, per 26 anni, abbiamo offerto mostre incredibili in molti posti fuori dal giro tradizionale, tutte auto-finanziate e organizzate da noi, con migliaia di visitatori.

 

 

Dividete con noi la vostra passione culinaria?

Certo. Adoriamo cucinare, innanzitutto: spesso abbiamo amici a cena ma ci piace cucinare anche per noi, tutti i giorni. Anche per una pausa dal lavoro. Ovvio, quando cuciniamo continuiamo a discutere dei nostri progetti.

Usiamo solo prodotti freschi dal mercato, siamo fortunati perché viviamo dietro l’angolo di Isemarket, il piò esteso mercato ortofrutticolo all’aperto d’Europa.

Ci piace la trota fresca, che cuciniamo al vapore con aglio, timo e limone – accompagnata con patate aglio e rosmarino e insalata.

Amiamo anche il risotto ai porcini. Poi il riso persiano con la curcuma, il berberis, l’uva sultanina, un sacco di prezzemolo, carote, rapa, pastinaca, zucchini e hummus fatto in casa.

Beh, certo, ci piace ogni tipo di pasta, ma per per trovare una quadra, possiamo dirti che la nostra cucina preferita è un misto di Europa ed Asia con un sacco di verdure di giornata.

Seguiamo molto Yottam Ottolenghi e il mese prossimo andremo a Londra e visiteremo il suo ristorante!

 

Vino o bevanda preferita?

Di giorno acqua calda, di sicuro.

La sera, magari con gli amici, Crémant Rosé (un raro vino aslaziano, rosè, ottenuto da uve di pinot nero).

 

Il o i libri con voi ora e la musica? Dove poggiano i primi?

Guns, Germs and Steel: The Fates of Human Societies di Jared Diamond; poi una biografia recente di Moshe Feldenkrais scritta da Christian Buckard; infine la biografia della monaca e musicista buddista Choiying Drolma intitolata Singing For Freedom.

Entrambe le biografie parlano di vite piene di sfide e di tragedie ma hanno sempre una soluzione per uscirne fuori, di sicuro trasformando la negatività in positività!

Ci piacciono molto anche i canti di Ani Choying Drolma, li abbiamo anche scelti per il design sonoro della nostra installazione a Venezia. Lei canta per la libertà e per la pace interiore. La sua voce può essere morbida e forte nello stesso momento. I momenti teneri sembrano delle ninna-nanne a volte, rilassano molto, come il flauto di bambù che a volte la accompagna.

Abbiamo una grande passione per la musica soul del 1960 e 70 ma anche per il tango, dato che lo balliamo. In studio ascoltiamo molto jazz e tutti i generi di world music.

I libri sono su due comodini nati assemblando due vassoi smaltati che vengono da uno dei nostri viaggi in Birmania e due sgabelli d’acciaio che abbiamo trovato in un mercato delle pulci a Catania nei nostri meravigliosi mesi siciliani. Sui due comodini pendono due lampade di seta orientale disegnate da Mariano Fortuny, le abbiamo comprate molti anni fa a Venezia.

 

In che modo vivete lentamente, se ci riuscite, in una città come la vostra?

Ci prendiamo una pausa in molti modi, nelle nostre vite. I dipinti a volte prendono settimane, mesi. Nel nostro tipo di produzione niente accade come quando schiacci un bottone. Dato che usiamo le più antiche arti applicate, ci vuole un sacco di tempo in più ma così il risultato è molto profondo come è profondo quello che cerchiamo nei nostri dipinti (sia nella superficie che nelle atmosfere che negli ambienti).

Per ricaricare le nostre batterie, nel quotidiano, facciamo lunghe passeggiate una o due volte a settimana nel parco che conosciamo sin da quando eravamo bambini, Jenisch Park, che è uno dei più antichi della città ed ha magnifici alberi ed un’incredibile vista sull’Elba.

Meditiamo, facciamo yoga e shinson hapkido (un’arte marziale coreana)

Altro dettaglio importante, di sicuro, è quello che non abbiamo mai avuto una televisione. In questo modo evitiamo di far entrare nelle nostre teste un sacco di informazioni ed immagini non filtrate. E abbiamo più tempo per le cose che amiamo fare, come sognare ad occhi aperti e schiacciare un pisolino.

 

 

Un talento che avete e uno che vi manca?

Lili: Jesko ha un incredibile sense of humour. Anche in posti in cui non parla la stessa lingua, riesce a far ridere tutti usando il linguaggio del corpo.

Jesko: Lili è incredibilmente empatica ed è un’ascoltatrice eccezionale.

Se non fossimo diventati artisti visivi, entrambi avremmo voluto essere musicisti.

Venti anni fa, Lili suonava la concertina argentina e Jesko il clarinetto. Da giovane, Lili suonava il flauto traverso ed il sassofono, Jesko la chitarra.

Non siamo riusciti a continuare su questa strada.

 

Cosa avete imparato, sin qui, dalla vita?

Ad essere a cuore e mente aperti per accogliere incontri sorprendenti e momenti unici. Ad andare con la corrente e a prendere ogni possibilità che la vita offre. A credere nel potere dell’amore, a goderci tutto e a permetterci di essere dei sognatori.

Quando siamo arrivati a Firenze per studiare pittura antica, ballavamo tango da soli sei mesi. Ci chiesero subito se volevamo insegnarlo e se volevamo esibirci.

Prima di tutto ci meravigliammo, non eravamo sicuri di potercela fare, ci consideravamo ancora principianti, tuttavia insistevano.

Uno dei nostri primi studenti fu il direttore del coro della famosa famiglia Corsini e ci domandò se potevamo fare una piccola dimostrazione nel loro tradizionale party in giardino d’estate, dove ci sarebbe stato anche il coro. Accettammo e il nostro primo spettacolo di tango avvenne sulla enorme terrazza dei Corsini, affacciata sul bellissimo giardino della villa. Fu comico leggere il giorno dopo sui giornali cittadini di noi come ‚Lili e Jesko, due ballerini argentini’ quindi dal giorno alla notte, pensa un po’ diventammo argentini!

Negli anni abbiamo studiato a Firenze, abbiamo avuto altre mostre in Italia, tra Milano, Verona e l’Isola d’Elba. Ci siamo persino esibiti al Teatro Comunale di Firenze con la Banda delle Ferrovie, 47 musicisti che suonavano Libertango di Piazzolla con noi a ballarlo.

Più tardi un amico caro di Firenze ci invita per il Capodanno dalla sua famiglia in Puglia. E quando ci chiese di ballare tango per loro, non ci rifiutammo. Da quel giorno, 15 anni fa, siamo diventati amici stretti e abbiamo fatto loro visita tante altre volte. Il tango è perfetto per aprire le porte in tutta Italia!

Diciamo questo perché prima di Firenze non pensavamo mica che avremmo fatto tango… Ma abbiamo assecondato il flusso e siamo stati premiati, ancora una volta, con centinaia di altri incontri incredibili, meravigliosi ed inaspettati.

 

Questa è la bellezza, e la magia, della vita!

 

 

 

Per scoprire altri progetti: http://www.lili-nalovi.de/

Slow Words ringrazia Nicoletta Mantoan (Venezia) per aver suggerito questa storia.

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